domenica 9 marzo 2014

UNA verità

Per me che ho il cervello in fuga (in fuga da me stesso ovviamente) a volte ci sono dei piccoli momenti di positivismo.
Questa settimana ho avuto la fortuna di leggere questo... faccio un copia-incolla della parti che più mi hanno colpito.


Buona lettura e buona Domenica.

Una verità, nella mia esperienza, si impone per la propria coerenza interna, per la propria capacità di organizzare fatti in un quadro logicamente organico. 
[...] 
Cerco di spiegarmi. Da decenni mi prendo gioco della più pericolosa categoria di imbecilli:i presuntuosi del "se non conosci non puoi gggiudicare". Ragazzi, a cosa serve la cultura? (intesa come capacità di lettura del reale che solo l'arte vissuta e i libri senza figure letti possono attribuirti). Ma è semplice! Serve proprio a evitare dolorose esperienze, e a evitare di perdere tempo. Perdonatemi: quante esperienza fa, nell'unità di tempo, il moscone che continua a cozzare contro il vetro? Vi sembra quello il modello da seguire? (rinvio a Frisch per capire come mai l'ape non lo faccia). La cultura è quadro coerente di lettura ed economia di tempo e di pensiero, non collezione di quarte di copertina dell'ultimo libro dell'ultimo Nobel per la letteratura kazako, o dell'ultimo saggio dell'ultimo giornalista anticasta, ecc. Questa è la buona descrizione di un cassonetto per la raccolta differenziata della carta, non della testa di un uomo di cultura.

Vedere un film demmerda sapendo che è demmerda per poter poi dire che è demmerda, ascoltare un imbecille sapendo che è un imbecille per poter poi dire che è un imbecille... Ragionare così significa partire dal presupposto che ciò che legittima un giudizio critico sia il consumo (di un film, di tempo)! Significa inoltre presumere che il proprio consumo, per quanto estemporaneo e inconsapevole sia, implichi conoscenza, comprensione. Non è così. Non tutti sono abbastanza ampi da comprendere certi contenuti, non è perché paghi un biglietto che capisci quello che vedrai, e d'altra parte ciò che legittima un giudizio critico è la coerenza della critica che viene portata (che a sua volta può benissimo prescindere dalla delibazione integrale dell'oggetto della critica stessa).

Il vetro è trasparente, ma impenetrabile per un moscone (e se è blindato anche per una pallottola).

A contrario, ciò che legittima una verità in quanto tale (ho detto una, non "la") è appunto la sua coerenza interna, il fatto che unisca molto puntini. "La" verità li unirebbe tutti, ma il problema è che non sappiamo quanti siano, per definizione. "Una" verità ne unisce molti. Una cazzata non ne unisce nessuno, anzi, passa accanto a tutti.

Ma naturalmente il metodo del "se non conosci non puoi giudicare", che sfocia nel metodo dell'"ascolto tutti e poi decido con la mia testa", è l'ideale per tener sotto controllo gli imbecilli, per il semplice e ovvio motivo che ne lusinga la stolta vanità, quella che li porta a credere, appunto, di avere una testa, e di poter formulare un giudizio, e, come presupposto, a poter credere che il giudizio si formi un un'ordalia nella quale tesi contrapposte si affrontano come pupi siciliani. Sono laureato in lettere (quindi sono colto, anche se il romanzo sul quale ho fatto la tesi l'ho letto solo sul Bignami), ascolto il dibattito fra due persone che parlano di cose che non capisco, e poi decido con la mia testa. Capito perché c'è l'euro? E capito perché tanti non laureati che un libro però l'hanno letto invece si sono accorti che l'euro è una sòla? Semplice!

È delle idee come degli uomini: la lotta più dura, l'unica vera, autentica, decisiva lotta è quella con se stessi. 


Ma per far lottare un'idea con se stessa, cioè par apprezzarne l'ìntima coerenza, la consonanza, bisogna avere un certo atteggiamento e una certa preparazione, che non passa per le quarte di copertina dei nobel kazaki appiccicate lì, ma magari per un paio di versi di Leopardi che porti con te dalle elementari (quando erano le elementari! E nota bene: non è necessario capire subito quello che si impara, ma è utile portarlo con sé:omnia mea mecum porto...), non passa per i festoni di integrali tripli degli ingengnieri del "l'economia non è una scienza", ma magari per il due più due fa quattro, non passa per l'idea che siccome Kant non è scritto in formule, allora tutti possano capirlo e farsene un'idea "con la propria testa", ma magari per la capacità di esprimere in diversi linguaggi, possibilmente non tecnici, quei contenuti ai quali si può accedere solo se si possiede il linguaggio tecnico, per la capacità di riconoscere un linguaggio intellettualmente onesto quando lo incontri...
Fonte: http://goofynomics.blogspot.se/2014/03/se-non-conosci-puoi-giudicare.html

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