venerdì 27 febbraio 2015

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Eh sì, me lo ricordo ancora quel 28 Febbraio, le quattro del mattino, la macchina carica, fuori buio e la porta che si chiudeva dietro di me.

E’ un punto di discontinuità della mia vita, da lì in poi tanto è cambiato.

Festeggio i miei tre anni da quando ho lasciato l’Italia, che coincidono anche con i miei primi tre anni in Svezia. Tre anni da quando ho imboccato il Brennero e sono uscito sulla E20.


Sono anche tre anni di questo Blog e di queste pagine che ci hanno accompagnato con alti e bassi. Ultimamente, faccio sempre più fatica a trovare la voglia di scrivere: sento che qualcosa non va, ma non riesco ancora a dirlo a voce alta.
Non mi mancano gli spunti di riflessione. Quasi tutte le sere, prima di addormentarmi, c’è sempre un nuovo pensiero o una frase che mi tengono lì sveglio. Dentro di me penso che sarebbe bello condividere tutto questo, ma poi, quando mi metto lì, sulla tastiera vedo me stesso, riflesso sullo schermo, e sapendo già cosa ho da dirmi, non riesco a muovere le dita.
Sta diventando un po' uno sforzo e spesso mi censuro. Ho anche capito che a volte uno spazio così pubblico non è ideale per confrontarsi su argomenti spesso intimi, e così ho continuato a scrivere, ma in forma privata a quanti, in questi anni, non hanno fatto mancare la loro presenza.

E così, per farmi/farci un regalo, riprendo alcune parole da una lettera che ho scritto qualche giorno fa e che forse si addice a questa serata.

Ciao P. 
Ormai ho raggiunto il traguardo fatidico dei tre anni: festeggio nel fine settimana, e mi sento sempre più come un terrone al Nord. Sono già tre anni che faccio l'immigrato (tutti ormai dicono expat per fare i fighi, io invece - che amo la mia lingua - immigrato sono e immigrato mi definisco). Il tempo è volato e di cose ne son successe tante. Tanto sono anche cambiato: non lo dico io, me lo dicono gli altri e probabilmente hanno ragione loro. Io non so se in meglio o in peggio, di certo non sono più lo stesso di quando sono partito.
Certe cose non mi spaventano più, certe altre mi fanno una paura pazzesca (l'ignoranza è una di quelle). Ad ogni modo effettivamente tutto ormai ha assunto una luce diversa. Tollero molto di più certi aspetti della vita e sono diventato un mezzo nazi per molti altri. Diciamo che ho messo meglio a fuoco le mie priorità.  
Mia moglie ha iniziato lo scorso anno l'università (per diventare maestra nella scuola d'infanzia) e questo mi ha fatto capire che la nostra permanenza in terra vikinga si prolungherà per parecchio tempo. Il sistema qui consente di studiare, avere una famiglia e gestire la propria vita senza bisogno di aiuti extra. Era una cosa che avrebbe sempre voluto fare e alla fine proviamo, insieme, a realizzare anche questo piccolo progetto (che poi tanto piccolo non è). Non so bene come faccia a leggersi tutti quei libri in svedese (io non ce la farei mai), ma alla fine ci riesce e anche con ottimi risultati. 
Come avrai intuito il suo livello linguistico è smisuratamente più alto del mio, ma non mi lamento. Nel quotidiano me la cavo bene e al lavoro ormai è quasi un anno che ho definitivamente abbandonato l'inglese. In scrittura sono ancora troppo lento, ma per il resto me la cavo. Diciamo che ho abbandonato il livello "vùcumprà" e sono passato a quello "bambinodelleelementari". Certo che si fa una fatica!!! Certi giorni in cui rimbalzo di continuo tra tre lingue sono veramente esausto anche se magari non ho fatto granché al lavoro.  
Mia figlia cresce, forse troppo in fretta. Mi sembra ieri quando è nata e adesso è già grande. La cosa bella è che ora è in un periodo in cui ce la spassiamo un sacco e ci sono sempre mille cose nuove da fare e scoprire. Alla fine penso sia lei, insieme a mia moglie, il motore della mia esistenza. La mia vita è modellata intorno a lei e la Svezia e la mia azienda mi consentono di dedicarle tutte le attenzioni che merita. Ormai si esprime in due lingue e mezza e dopo il primo anno, un po' duro, è veramente serena.  
Ovviamente più passa il tempo e più ci si accorge degli aspetti positivi e negativi del profondo Nord. Non mi riferisco al clima o al cibo, quelle sono cose a cui ci si abitua. Piuttosto agli atteggiamenti delle persone, ai modi di fare, alle abitudini. Adesso, che con la lingua va un po' meglio, si apprezzano le sfumature, i doppi sensi e tante altre cose. Alla fine, terminato l'effetto sorpresa, ci si accorge meglio di dove si è finiti e si riescono a fare alcuni confronti con un po' più di equilibrio. 
La Svezia non è il paradiso e l'Italia non è l'inferno, come spesso vorrebbero far credere, ma non è di certo a te che devo spiegarlo.Questa non è la mia terra né la mia patria e sono consapevole che non lo sarà mai, non perché non possa esserlo ma perché sono io che non voglio. Non ne vedo le ragioni: le mie radici sono altrove, ma questo non vuol dire che io debba sottostare ai dettami di chi ha piantato quel seme su quella terra.Quello che voglio dire è che la bilancia per me e per la mia famiglia pende ancor oggi dalla parte svedese per tutta una serie di motivi e in Italia (oggigiorno) non riuscirei più a vivere. C'è un rapporto di amore e odio. Spesso avrei voglia di tornare, perché sento che mi manca tanto, ma poi quando sono lì mi accorgo che non è cambiato niente, anzi adesso vedo cose che prima non mi davano da fare e non le tollero più. Alla fine non mi manca l'Italia, mi manca una sensazione, mi manca un periodo della mia vita che vive solo dentro di me è che ho capito non ritroverò più, perché il tempo è passato e perché io non sono più quello di quei ricordi. 
La realtà la conosci meglio di me e penso tu sia abbastanza in gamba per non farti trascinare da quella propaganda auto-razzista che scorre ogni giorno nello stivale. L'Italia è oggi di fatto una colonia governata da tanti vassalli che dettano legge in nome di un imperatore straniero. Alla fine ho capito che quei pochi che hanno consapevolezza non possono che nascondersi tra gli altri e celare il loro rancore. Se sapessi invece che odio mi fanno le tante serpi che si annidano tra gli Italiani all'estero!! Sapessi quante volte ho aperto il computer per ricoprirli con lo stesso sterco che lanciano ogni giorno sui loro connazionali, ma poi ripenso che la stupidità non si cura e quel tempo è meglio che lo dedichi affinché mia figlia non sia mai come loro. La sensazione di non poter fermare il vento con le mani è sconfortante.
Ho provato ad avere discussioni con parenti ed amici per fargli notare che oltre i confini esiste una realtà ben diversa da quella che si figurano. Ho cercato di avere alcuni scambi di idee: il risultato è stato che ho perso anche quei pochi che ogni tanto si facevano vivi. Non me ne rattristo, anzi  so che non avrebbe potuto continuare a lungo: non sono bravo a raccontare balle. 
Alla fine torno in Italia per le vacanze e per far vedere a mia figlia da dove viene, per far si che mantenga un rapporto con i sui nonni e tutti i parenti. Le sue origini saranno sempre un punto cardinale della sua vita e penso che vivendo a cavallo di due mondi riuscirà ad avere una visione più equilibrata rispetto a chi, immerso in un pensiero unico, non vede le differenze.  
[…]  
Io invece sono in una sorta di bolla tridimensionale: mentre l'azienda è in forte crisi, continuo a lavorare su progetti molto interessanti e il mio lavoro mi piace un sacco e mi da tante soddisfazioni. Alla sera arrivo a casa stanco ma contento. Coi colleghi non ci sono mai problemi e l'ambiente di lavoro è ottimo. Ovvio che la tensione per le sorti aziendali è sempre alta. Ho fatto cose veramente belle e che mi hanno ripagato di tanti sforzi, in più senza quel continuo stress e senso di nausea che provavo in Italia.   
E così me ne rimango qui, sospeso su questo filo che ogni tanto si tende e sembra quasi volersi spezzare, e poi invece si ri-accorcia di nuovo.
Non ho avuto tue notizie e non so cosa ti abbia riservato il destino in questo anno […]



domenica 15 febbraio 2015

Grilletto & Passerotta

A grandissima richiesta per San Valentino, SVT - la televisione pubblica svedese - ha trasmesso su Barnkanalen - il canale dedicato ai bambini - questo capolavoro dell’animazione scandinava doppiato in inglese (la versione in svedese è già fuori da un po'): Snoppen och Snippan, diventato ormai un successo planetario.


Senza bisogno di scomodare Miyazaky o quelli della Marvell, io lo ritengo semplicemente magnifico! 

Nella nostra versione personale in italiano, noi lo abbiamo intitolato: Grilletto&PasserottaStiamo lavorando al doppiaggio, ma temo che ci vorrà ancora un po' di tempo.

Per adesso vi lasciamo con un altro dei nostri classici.



Buona visione.

venerdì 13 febbraio 2015

La Guerra è Pace

Qualche giorno fa sul sito degli Italiani in Svezia, trovo questo link a un video dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR).


Il video mi scorre veloce davanti agli occhi e mi lascia un certo amaro in bocca. Non tanto per il messaggio che vuole trasmettere, ma perché avverto dentro di me che qualcosa non va. D’istinto sento un misto tra retorica e ipocrisia che poi però sfuma rapidamente.

Il giorno dopo apro questa pagina di TheLocal.se e leggo gli ottimi risultati ottenuti dalla SAAB (ovviamente non la SAAB auto che è fallita da un pezzo, ma da quella vera, l’originale da cui quell’altra prendeva il nome).

Traduco solo il titolo: Il conflitto in Ucraina aumenta le vendite di armi svedesi.
Vi pregherei di andarvi a leggere i numeri e i dettagli che sono sempre molto interessanti. Per coloro che faticano con l’inglese usate il Translator e vedrete che rimarrete soddisfatti.




Oggi ho provato a unire i puntini e alla fine né è risultata questa riflessione.

Faccio solo una premessa: esuliamo dal fatto Svezia. Quello che sto per scrivere, può essere esteso a molti dei paesi occidentali, ma siccome io adesso sono qui e questi sono gli articoli che leggo, traggo le mie riflessioni sul qui ed ora.

Rileggo l’articolo e rivedo di nuovo le immagini del video. Ho avuto di nuovo come l’impressione che ci fosse un collegamento diretto tra le due realtà. Non più un semplice “scopri le differenze” tra Svezia e Siria, ma un nesso causa effetto palese.

Senza scendere nei dettagli del buisness degli armamenti, dei sistemi per la difesa, dei jet da combattimento, che non conosco a fondo, faccio un esempio più banale che mi riguarda direttamente.
L’azienda per cui lavoro ha un cliente molto speciale: lo stato d’Israele. Sostanzialmente l’esercito israeliano compra tante belle ruspe e scavatrici e le usa (anche) per abbattere e ridurre in macerie le case dei palestinesi nella striscia di Gaza. Ovviamente è un ottimo cliente e grazie ai suoi acquisti la mia azienda mi paga lo stipendio e, se gli sgomberi in Palestina aumentano, mi danno pure l’aumento. Ah ovviamente di clienti come questo ce ne sono tanti altri, sparsi per mezzo mondo, ma questo è uno dei più prestigiosi.

E questo cosa c'entra direte voi? Eh, c'entra eccome.
Come per la SAAB i vari conflitti in giro per il mondo sono stati un boost (+56% dei profitti netti) anche per la mia azienda sono stati una fonte di introiti. Sapete quante macerie da spostare fa una bomba che cade in un centro urbano? E quanti profitti si fanno con le ricostruzioni post-belliche?
Se non lo sapete vi consiglio questo manualetto che riporta giusto un paio di fonti ed è un po' più attendibile dei miei post.

Ad ogni modo, tornando a me, quando vado a lavorare non penso che sto costruendo macchine che realizzano strade e ponti per collegare i continenti e le persone (come penserebbe la madre di ogni ingegnere), piuttosto penso a quante case abbatterà lo scavatore che ottimizzeremo o a quante tonnellate di macerie sposterà la pala gommata che svilupperemo.
Poi a fine mese ricevo lo stipendio e se se mi avanza qualche soldo posso pensare di affittare un stuga per i mesi estivi o eventualmente di comprare una villa il prossimo anno. E poi c’è il taglia-erba o il robot per il prato e i bulbi per i tulipani insieme alla vernice per lo steccato. Alla fine vien fuori una bella casetta, esattamente come quelle che Google faceva vedere. Così proprio perché in Palestina o in Siria si distruggono case o si bombardano città, in Svezia c’è qualcuno che può rinnovare la sua röd hus o sistemare l’altana della villa.
Come? Sono solo un mucchio di cazzate? Ho detto qualche imprecisione? Si forse, o forse sono stato anche troppo buono. Ci sarebbe anche da affrontare l’annosa questione dei profughi. Ovviamente scatenando il solito vomito dei perbenisti, benpensanti e politaclly corret, ma per questo mi riservo un altro post che è quasi già pronto.


Ah giusto perché io sono democratico e dato che ho già fatto un bello sforzo a condividere il mio pensiero, questo post è zona off-limit per ogni tipo di commento. Se volete prenderlo come spunto di riflessione, bene, se no, c’è la crocetta bianca con sfondo rosso in alto a destra: basta un click e arrivederci, ma prima magari vi va di dare una letta a quanto segue…


[...] Era però altrettanto chiaro che un incremento generalizzato del benessere avrebbe avuto come effetto indesiderato la distruzione di una società organizzata gerarchicamente. Già in un mondo in cui tutti avessero lavorato solo poche ore, avuto cibo a sufficienza, vissuto in case fornite di bagno e frigorifero, posseduto un'automobile o addirittura un aereo, sarebbero scomparse le forme di ineguaglianza più ovvie e forse più importanti. Una volta, poi, che una simile condizione fosse divenuta generale, la ricchezza non sarebbe stata più un segno di distinzione fra un individuo e l'altro. Era possibile, naturalmente, immaginare una società in cui la ricchezza, intesa come possesso di beni personali e di lusso, venisse distribuita equamente, nel mentre il potere restava nelle mani di una minuscola casta privilegiata, ma nella pratica una società del genere non avrebbe potuto rimanere stabile. Se, infatti, il benessere e la sicurezza fossero divenuti un bene comune, la massima parte delle persone che di norma sono come immobilizzate dalla povertà si sarebbero alfabetizzate, apprendendo così a pensare autonomamente; e una volta che questo fosse successo, avrebbero compreso prima o poi che la minoranza privilegiata non aveva alcuna funzione e l'avrebbero spazzata via. Sul lungo termine, una società gerarchizzata poteva aversi solo basandosi sulla povertà e sull'ignoranza. Ritornare al passato agricolo, come avevano auspicato alcuni pensatori all'inizio del XX secolo, era una soluzione impraticabile. Cozzava infatti contro quella tendenza alla meccanizzazione divenuta pressoché istintiva in quasi tutto il mondo; inoltre, tutti i paesi che non si fossero sviluppati industrialmente sarebbero rimasti indifesi da un punto di vista militare e destinati a essere dominati, direttamente o indirettamente, dai paesi rivali.

D'altra parte, mantenere le masse in uno stato di povertà comprimendo la produzione delle merci non rappresentava una soluzione soddisfacente. Ciò avvenne di fatto e su larga scala durante la fase finale del capitalismo, più o meno nel periodo compreso fra il 1920 e il 1940. Si consentì all'economia di molti paesi di stagnare, la terra non venne coltivata, le ricapitalizzazioni arrestate, ampi strati della popolazione mantenuti senza occupazione, sorretti unicamente dalla carità dello Stato. Anche questo sistema, però, ebbe come logica conseguenza un indebolimento sul piano militare e, poiché le privazioni che imponeva erano inutili, l'opposizione a esso divenne inevitabile. Il problema era come riuscire a far girare le ruote dell'industria senza incrementare la ricchezza reale del mondo. I beni di consumo dovevano essere prodotti, ma non distribuiti. E in effetti l'unico modo per raggiungere un simile obiettivo era uno stato di guerra perenne.
Scopo essenziale della guerra è la distruzione, non necessariamente di vite umane, ma di quanto viene prodotto dal lavoro degli uomini. La guerra è un modo per mandare in frantumi, scaraventare nella stratosfera, affondare negli abissi marini, materiali che altrimenti potrebbero essere usati per rendere le masse troppo agiate e, a lungo andare, troppo intelligenti. Anche quando gli armamenti non vengono distrutti, la loro produzione continua a essere un mezzo conveniente per utilizzare la forza lavoro senza produrre nulla che sia possibile consumare.

[…] È a questo punto necessario ripetere quel che si è detto poc'anzi, e cioè che la guerra, diventando perenne, ha mutato profondamente la propria natura. In passato la guerra era quasi per definizione qualcosa che prima o poi finiva, in genere sotto forma di vittoria o sconfitta indiscutibili. Nel passato, inoltre, costituiva uno dei sistemi principali attraverso cui le società umane mantenevano un contatto diretto con la realtà. I governanti di tutti i tempi hanno cercato di imporre ai loro sottoposti una falsa visione del mondo, ma non si sono mai potuti permettere di alimentare illusioni tendenti a minare l'efficienza militare. Fino a quando la sconfitta implicava la perdita dell'indipendenza o conseguenze generalmente ritenute indesiderabili, era necessario intraprendere misure forti per evitarla. I fatti concreti non potevano essere ignorati. In filosofia, nella religione, nell'etica o nella politica, poteva anche accadere che due più due facesse cinque, ma quando si trattava di progettare un fucile o un aeroplano, due più due doveva fare quattro. Le nazioni meno forti finivano sempre per essere conquistate, prima o poi, e la lotta per l'efficienza non lasciava spazio alle illusioni. Il possesso di una simile dote, inoltre, consentiva di trarre lezione dal passato, il che implicava a sua volta la necessità di avere una nozione abbastanza accurata di quanto era accaduto. Ovviamente i giornali e i libri di storia avevano ognuno un proprio orientamento politico ed esibivano tutta una serie di pregiudizi, ma la falsificazione delle cose come si pratica oggi sarebbe stata impossibile. La guerra faceva da garante dell'integrità mentale. Anzi, se si prendono in considerazione le classi dirigenti, costituiva la forma di garanzia più solida. Fino a quando le guerre potevano essere vinte o perdute, nessuna classe dirigente poteva ritenersi totalmente irresponsabile degli avvenimenti.Quando, però, diventa letteralmente continua, la guerra cessa anche di essere pericolosa. Quella che si chiama necessità militare viene a mancare. Il progresso tecnologico può anche arrestarsi, mentre i fatti più concreti possono essere negati o trascurati. Abbiamo visto che per fini bellici si fanno ancora ricerche che si potrebbero definire scientifiche, ma si tratta di fantasticherie o poco più, né ha importanza alcuna che non sortiscano effetti pratici. Dell'efficienza non si ha più bisogno, nemmeno di quella militare.

[…] Pertanto la guerra, se la si giudica coi criteri dei conflitti passati, è un'autentica impostura. Somiglia a quelle battaglie fra certi ruminanti le cui corna hanno un'angolatura tale che impedisce loro di ferirsi. Pur essendo fasulla, però, la guerra non è priva di significato. Essa divora tutti i beni di consumo in eccedenza e contribuisce a conservare quella speciale disposizione mentale di cui ha bisogno una società organizzata gerarchicamente. Come vedremo, la guerra è oggi un affare puramente interno. In passato i gruppi dirigenti di ogni paese potevano anche riconoscere gli interessi comuni e quindi limitare gli effetti devastanti della guerra, ma si combattevano sul serio: il vincitore saccheggiava sempre il vinto. Al giorno d'oggi nessuno combatte veramente contro un altro. Oggi i gruppi dirigenti fanno innanzitutto guerra ai propri sottoposti, e il fine della guerra non è quello di conseguire o impedire conquiste territoriali, ma di mantenere intatta la struttura della società. La stessa parola "guerra" è pertanto divenuta fuorviante. Non si sarebbe probabilmente lontani dal vero se si affermasse che, diventando perenne, la guerra ha cessato di esistere. Quelle particolari forme di pressione subite dagli esseri umani dal neolitico al XX secolo sono scomparse, sostituite da qualcosa di totalmente diverso. Se i tre superstati, invece di combattersi vicendevolmente, stabilissero di vivere in sempiterna pace, ognuno inviolato entro i propri confini, l'effetto sarebbe identico. In tal caso, infatti, ognuno di loro costituirebbe un universo in sé conchiuso, per sempre libero da influssi esterni che potrebbero infiacchirne la fibra. Una pace davvero permanente sarebbe la stessa cosa di una guerra permanente. Anche se la maggior parte dei membri del Partito l'intendono in modo più superficiale, è questo il vero significato dello slogan "La guerra è pace".
          G.Orwell, 1984.


domenica 8 febbraio 2015

Un bel fine settimana

Ieri pensavo (sì ogni tanto mi capita di farlo): strano popolo gli Italiani. 

Di solito quando fa freddo, è inverno e nevica, tutti alzano il riscaldamento e accendono le luci. Loro invece no! Con 30 cm di neve in meno di 12 ore, loro staccano la corrente elettrica e si chiudono in casa al buio e senza riscaldamento. Qualcuno direbbe: pese che vai usanza che trovi.


Dai su, si fa per scherzare: ormai il peggio è passato e anche questa volta avete slavato la pellaccia e adesso viene la parte che più preferisco...

No, stavolta non vi dico come la penso, non chiedetemelo neppure, ormai mi son rassegnato e non c’è niente di più triste…



Oggi, proprio no, oggi è una bellissima giornata e il post che avevo in mente di scrivere lo tengo per la prossima volta e mi dedico a qualcosa di molto più leggero.

In questi due giorni ci sono state delle belle giornate di sole con tanta neve e temperature attorno allo zero. Quindi ne abbiamo approfittato per fare un po' di allenamento con la pulka. 


Come potete vedere siamo passati al free style. Niente da dire, questo rimane uno dei nostri sport invernali preferiti!


Oggi invece abbiamo mantenuto una promessa che avevamo fatto a Beatrice qualche mese fa: siamo andati a Kokpunten.

Cos'è, direte voi?? Un attimo, sto per scriverci un post dedicato!!!

Dovete sapere che a Västerås, qualche anno fa, hanno inaugurato una nuova piscina (o meglio un mega parco acquatico) e qui in zona è diventato famosissimo.
Innanzitutto parliamo della location del posto: hanno utilizzato un vecchio edificio (un’enorme centrale elettrica dismessa) fatta coi caratteristici mattoni rossi. L'ex-centrale si affaccia su un molo, di fronte al Mälaren e la conversione è stata fatta a opera d’arte.


Il Kokpunkten (punto di ebollizione) è una disco-piscina su 5 piani, ultra tecnologica e moderna, fatta per far divertire i giovani, i meno-giovani e le famiglie.

Perché dico che è ultra tecnologica: dunque si arriva e si viene muniti di un apposito bracciale impermeabile con cip annesso. Col bracciale si fa tutto: si aprono le porte degli spogliatoi, si chiudono gli armadietti, si va in bagno e si compra da mangiare e da bere. All'uscita si riconsegna il bracciale e si paga, così in piscina non servono né contanti né carte.

Perché dico che è una disco-piscina: semplice perché l’impianto luci e quello sonoro ricorda più quello di una discoteca che quello di una piscina. Effetti luminosi di ogni tipo dentro e fuori dall'acqua. Ogni ambiente è illuminato con colori diversi che cambiano a seconda della musica e poi ci sono led che colorano le vasche, gli idromassaggi e le fontane in modo veramente spettacolare.


Ci sono circa 5 piani e ce n'è per tutti i gusti. Zona bambini con scivoli e piscine da 15cm fino a 30cm. Acqua a 35°C e giochi di ogni tipo. Poi c’è la sala cinema: ovvero una piscina ovale con proiezioni di video sulle pareti a 360 gradi.
La vasca col vortice, la zona acqua&scienza e le pareti di arrampicata con tanto di tuffo finale in acqua.




C’è un piano interamente dedicato agli idromassaggi e un altro di zona relax. Gli ultimi tre piani sono i più spassosi. Lì, infatti, hanno concentrato gli scivoli d’acqua. 


Una roba da far invidia all’Acquafan: più di spendere tante parole, preferisco farvi vedere qualche video:


Ad ogni modo è veramente un bel posto, la cosa più bella è la zona pranzo con un’intera sala vetrata che si affaccia sul molo e da cui si apprezza il paesaggio.
Oggi era veramente una cosa spettacolare: noi dentro in costume e la gente fuori a -3°C che faceva la loro passeggiata sul lago ghiacciato: suggestivo no?!


Noi, come nella migliore tradizione ci siamo sparati: pannkakor+sylt+grädde, hamburger, korv&bröd e patatine fritte: il più classico dei pranzi domenicali.

Va beh, dopo sto lungo spot promozionale, mi lascio andare a qualche dettaglio, che poi sono quelli che per me fanno la differenza. Da qui in avanti attivo la modalità nerd, quindi non avetevene a male se non troverete interessante il seguente elenco:


Robe mai viste su questi schermi

  1.  Il braccialetto elettronico che apre gli armadietti negli spogliatoi e con cui pagare alla cassa (di questo ho già parlato prima).
  2. Sistema di purificazione dell’acqua senza cloro e additivi: tutta l’acqua della piscina è trattata con un mega sistema di filtrazione che permette di non utilizzare il cloro. Nonostante sia tutto al chiuso, l’aria e respirabilissima e non c’è odore né dentro né fuori dall'acqua. Non solo, in giro per i corridoi ci sono degli schemi che spiegano il sistema di purificazione e poi lungo i corridoi degli spogliatoi ci sono delle finestre in cui si possono vedere i tubi, le condutture, le pompe e tutto il sistema di trattamento: una figata.
  3. Sistema di riscaldamento dell’acqua: sempre sugli stessi schermi vengono proiettati i dati sul sistema di riscaldamento della piscina con tanto di ripartizione tra utilizzo di energia fossile, nucleare o da fonti rinnovabili.
  4. I semafori negli scivoli: dato che gli scivoli sono lunghissimi (ce n’è uno che esce all'esterno dell’edificio per poi rientrare), ci sono dei sensori che rivelano se uno si è fermato nel mezzo dello scivolo. Alla partenza ci son dei led rossi e verdi per dire quando lo scivolo è libero e si può partire per la prossima discesa.
  5. No bagnini: non ho visto un singolo bagnino in tutto l’edificio. Unico personale quello addetto alle casse e alla zona ristorante. In compenso ho visto telecamere sparse ovunque (dentro e fuori dall'acqua); non oso immaginare la sale sorveglianza.


Insomma la Happy Family ha trascorso un bel fine settimana, ora però siamo un po' cotti…


Alla prossima.