venerdì 13 febbraio 2015

La Guerra è Pace

Qualche giorno fa sul sito degli Italiani in Svezia, trovo questo link a un video dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR).


Il video mi scorre veloce davanti agli occhi e mi lascia un certo amaro in bocca. Non tanto per il messaggio che vuole trasmettere, ma perché avverto dentro di me che qualcosa non va. D’istinto sento un misto tra retorica e ipocrisia che poi però sfuma rapidamente.

Il giorno dopo apro questa pagina di TheLocal.se e leggo gli ottimi risultati ottenuti dalla SAAB (ovviamente non la SAAB auto che è fallita da un pezzo, ma da quella vera, l’originale da cui quell’altra prendeva il nome).

Traduco solo il titolo: Il conflitto in Ucraina aumenta le vendite di armi svedesi.
Vi pregherei di andarvi a leggere i numeri e i dettagli che sono sempre molto interessanti. Per coloro che faticano con l’inglese usate il Translator e vedrete che rimarrete soddisfatti.




Oggi ho provato a unire i puntini e alla fine né è risultata questa riflessione.

Faccio solo una premessa: esuliamo dal fatto Svezia. Quello che sto per scrivere, può essere esteso a molti dei paesi occidentali, ma siccome io adesso sono qui e questi sono gli articoli che leggo, traggo le mie riflessioni sul qui ed ora.

Rileggo l’articolo e rivedo di nuovo le immagini del video. Ho avuto di nuovo come l’impressione che ci fosse un collegamento diretto tra le due realtà. Non più un semplice “scopri le differenze” tra Svezia e Siria, ma un nesso causa effetto palese.

Senza scendere nei dettagli del buisness degli armamenti, dei sistemi per la difesa, dei jet da combattimento, che non conosco a fondo, faccio un esempio più banale che mi riguarda direttamente.
L’azienda per cui lavoro ha un cliente molto speciale: lo stato d’Israele. Sostanzialmente l’esercito israeliano compra tante belle ruspe e scavatrici e le usa (anche) per abbattere e ridurre in macerie le case dei palestinesi nella striscia di Gaza. Ovviamente è un ottimo cliente e grazie ai suoi acquisti la mia azienda mi paga lo stipendio e, se gli sgomberi in Palestina aumentano, mi danno pure l’aumento. Ah ovviamente di clienti come questo ce ne sono tanti altri, sparsi per mezzo mondo, ma questo è uno dei più prestigiosi.

E questo cosa c'entra direte voi? Eh, c'entra eccome.
Come per la SAAB i vari conflitti in giro per il mondo sono stati un boost (+56% dei profitti netti) anche per la mia azienda sono stati una fonte di introiti. Sapete quante macerie da spostare fa una bomba che cade in un centro urbano? E quanti profitti si fanno con le ricostruzioni post-belliche?
Se non lo sapete vi consiglio questo manualetto che riporta giusto un paio di fonti ed è un po' più attendibile dei miei post.

Ad ogni modo, tornando a me, quando vado a lavorare non penso che sto costruendo macchine che realizzano strade e ponti per collegare i continenti e le persone (come penserebbe la madre di ogni ingegnere), piuttosto penso a quante case abbatterà lo scavatore che ottimizzeremo o a quante tonnellate di macerie sposterà la pala gommata che svilupperemo.
Poi a fine mese ricevo lo stipendio e se se mi avanza qualche soldo posso pensare di affittare un stuga per i mesi estivi o eventualmente di comprare una villa il prossimo anno. E poi c’è il taglia-erba o il robot per il prato e i bulbi per i tulipani insieme alla vernice per lo steccato. Alla fine vien fuori una bella casetta, esattamente come quelle che Google faceva vedere. Così proprio perché in Palestina o in Siria si distruggono case o si bombardano città, in Svezia c’è qualcuno che può rinnovare la sua röd hus o sistemare l’altana della villa.
Come? Sono solo un mucchio di cazzate? Ho detto qualche imprecisione? Si forse, o forse sono stato anche troppo buono. Ci sarebbe anche da affrontare l’annosa questione dei profughi. Ovviamente scatenando il solito vomito dei perbenisti, benpensanti e politaclly corret, ma per questo mi riservo un altro post che è quasi già pronto.


Ah giusto perché io sono democratico e dato che ho già fatto un bello sforzo a condividere il mio pensiero, questo post è zona off-limit per ogni tipo di commento. Se volete prenderlo come spunto di riflessione, bene, se no, c’è la crocetta bianca con sfondo rosso in alto a destra: basta un click e arrivederci, ma prima magari vi va di dare una letta a quanto segue…


[...] Era però altrettanto chiaro che un incremento generalizzato del benessere avrebbe avuto come effetto indesiderato la distruzione di una società organizzata gerarchicamente. Già in un mondo in cui tutti avessero lavorato solo poche ore, avuto cibo a sufficienza, vissuto in case fornite di bagno e frigorifero, posseduto un'automobile o addirittura un aereo, sarebbero scomparse le forme di ineguaglianza più ovvie e forse più importanti. Una volta, poi, che una simile condizione fosse divenuta generale, la ricchezza non sarebbe stata più un segno di distinzione fra un individuo e l'altro. Era possibile, naturalmente, immaginare una società in cui la ricchezza, intesa come possesso di beni personali e di lusso, venisse distribuita equamente, nel mentre il potere restava nelle mani di una minuscola casta privilegiata, ma nella pratica una società del genere non avrebbe potuto rimanere stabile. Se, infatti, il benessere e la sicurezza fossero divenuti un bene comune, la massima parte delle persone che di norma sono come immobilizzate dalla povertà si sarebbero alfabetizzate, apprendendo così a pensare autonomamente; e una volta che questo fosse successo, avrebbero compreso prima o poi che la minoranza privilegiata non aveva alcuna funzione e l'avrebbero spazzata via. Sul lungo termine, una società gerarchizzata poteva aversi solo basandosi sulla povertà e sull'ignoranza. Ritornare al passato agricolo, come avevano auspicato alcuni pensatori all'inizio del XX secolo, era una soluzione impraticabile. Cozzava infatti contro quella tendenza alla meccanizzazione divenuta pressoché istintiva in quasi tutto il mondo; inoltre, tutti i paesi che non si fossero sviluppati industrialmente sarebbero rimasti indifesi da un punto di vista militare e destinati a essere dominati, direttamente o indirettamente, dai paesi rivali.

D'altra parte, mantenere le masse in uno stato di povertà comprimendo la produzione delle merci non rappresentava una soluzione soddisfacente. Ciò avvenne di fatto e su larga scala durante la fase finale del capitalismo, più o meno nel periodo compreso fra il 1920 e il 1940. Si consentì all'economia di molti paesi di stagnare, la terra non venne coltivata, le ricapitalizzazioni arrestate, ampi strati della popolazione mantenuti senza occupazione, sorretti unicamente dalla carità dello Stato. Anche questo sistema, però, ebbe come logica conseguenza un indebolimento sul piano militare e, poiché le privazioni che imponeva erano inutili, l'opposizione a esso divenne inevitabile. Il problema era come riuscire a far girare le ruote dell'industria senza incrementare la ricchezza reale del mondo. I beni di consumo dovevano essere prodotti, ma non distribuiti. E in effetti l'unico modo per raggiungere un simile obiettivo era uno stato di guerra perenne.
Scopo essenziale della guerra è la distruzione, non necessariamente di vite umane, ma di quanto viene prodotto dal lavoro degli uomini. La guerra è un modo per mandare in frantumi, scaraventare nella stratosfera, affondare negli abissi marini, materiali che altrimenti potrebbero essere usati per rendere le masse troppo agiate e, a lungo andare, troppo intelligenti. Anche quando gli armamenti non vengono distrutti, la loro produzione continua a essere un mezzo conveniente per utilizzare la forza lavoro senza produrre nulla che sia possibile consumare.

[…] È a questo punto necessario ripetere quel che si è detto poc'anzi, e cioè che la guerra, diventando perenne, ha mutato profondamente la propria natura. In passato la guerra era quasi per definizione qualcosa che prima o poi finiva, in genere sotto forma di vittoria o sconfitta indiscutibili. Nel passato, inoltre, costituiva uno dei sistemi principali attraverso cui le società umane mantenevano un contatto diretto con la realtà. I governanti di tutti i tempi hanno cercato di imporre ai loro sottoposti una falsa visione del mondo, ma non si sono mai potuti permettere di alimentare illusioni tendenti a minare l'efficienza militare. Fino a quando la sconfitta implicava la perdita dell'indipendenza o conseguenze generalmente ritenute indesiderabili, era necessario intraprendere misure forti per evitarla. I fatti concreti non potevano essere ignorati. In filosofia, nella religione, nell'etica o nella politica, poteva anche accadere che due più due facesse cinque, ma quando si trattava di progettare un fucile o un aeroplano, due più due doveva fare quattro. Le nazioni meno forti finivano sempre per essere conquistate, prima o poi, e la lotta per l'efficienza non lasciava spazio alle illusioni. Il possesso di una simile dote, inoltre, consentiva di trarre lezione dal passato, il che implicava a sua volta la necessità di avere una nozione abbastanza accurata di quanto era accaduto. Ovviamente i giornali e i libri di storia avevano ognuno un proprio orientamento politico ed esibivano tutta una serie di pregiudizi, ma la falsificazione delle cose come si pratica oggi sarebbe stata impossibile. La guerra faceva da garante dell'integrità mentale. Anzi, se si prendono in considerazione le classi dirigenti, costituiva la forma di garanzia più solida. Fino a quando le guerre potevano essere vinte o perdute, nessuna classe dirigente poteva ritenersi totalmente irresponsabile degli avvenimenti.Quando, però, diventa letteralmente continua, la guerra cessa anche di essere pericolosa. Quella che si chiama necessità militare viene a mancare. Il progresso tecnologico può anche arrestarsi, mentre i fatti più concreti possono essere negati o trascurati. Abbiamo visto che per fini bellici si fanno ancora ricerche che si potrebbero definire scientifiche, ma si tratta di fantasticherie o poco più, né ha importanza alcuna che non sortiscano effetti pratici. Dell'efficienza non si ha più bisogno, nemmeno di quella militare.

[…] Pertanto la guerra, se la si giudica coi criteri dei conflitti passati, è un'autentica impostura. Somiglia a quelle battaglie fra certi ruminanti le cui corna hanno un'angolatura tale che impedisce loro di ferirsi. Pur essendo fasulla, però, la guerra non è priva di significato. Essa divora tutti i beni di consumo in eccedenza e contribuisce a conservare quella speciale disposizione mentale di cui ha bisogno una società organizzata gerarchicamente. Come vedremo, la guerra è oggi un affare puramente interno. In passato i gruppi dirigenti di ogni paese potevano anche riconoscere gli interessi comuni e quindi limitare gli effetti devastanti della guerra, ma si combattevano sul serio: il vincitore saccheggiava sempre il vinto. Al giorno d'oggi nessuno combatte veramente contro un altro. Oggi i gruppi dirigenti fanno innanzitutto guerra ai propri sottoposti, e il fine della guerra non è quello di conseguire o impedire conquiste territoriali, ma di mantenere intatta la struttura della società. La stessa parola "guerra" è pertanto divenuta fuorviante. Non si sarebbe probabilmente lontani dal vero se si affermasse che, diventando perenne, la guerra ha cessato di esistere. Quelle particolari forme di pressione subite dagli esseri umani dal neolitico al XX secolo sono scomparse, sostituite da qualcosa di totalmente diverso. Se i tre superstati, invece di combattersi vicendevolmente, stabilissero di vivere in sempiterna pace, ognuno inviolato entro i propri confini, l'effetto sarebbe identico. In tal caso, infatti, ognuno di loro costituirebbe un universo in sé conchiuso, per sempre libero da influssi esterni che potrebbero infiacchirne la fibra. Una pace davvero permanente sarebbe la stessa cosa di una guerra permanente. Anche se la maggior parte dei membri del Partito l'intendono in modo più superficiale, è questo il vero significato dello slogan "La guerra è pace".
          G.Orwell, 1984.


Nessun commento:

Posta un commento

Il rispetto è la cosa a cui maggiormente teniamo. Ogni commento che non rispetti questa regola sarà cancellato. Ognuno ha il diritto di esprimere le proprie opinioni, nessuno ha il diritto di imporle!