Io la mia copa do mundo l’ho già
vinta. Eh sì, ognuno ha le sue piccole soddisfazioni, ognuno si misura con i
propri limiti e ogni tanto si accorge che oltre quelli non si può andare, altre
volte però…
Facciamo un piccolo salto indietro. Un paio di mesi or sono, un mio collega
mi manda una mail e mi sollecita a rispondere all'invito il prima possibile. Io
leggo e poi mi metto a ridere. Ma poi lui insiste e, siccome è una così brava
persona, non me la sento di desistere.
Ecco qui svelato il motivo della mia ilarità.
Ora, io ho giocato a pallone per svariati anni, fin da quando ero ragazzino
e fondamentalmente sono sempre stato un
brocco.
Nel periodo dell’adolescenza ho raggiunto l’apice calcistico vincendo il
campionato stando seduto in panchina per circa l’80% del tempo. Poi è sempre
stato un susseguirsi di campionati amatoriali dove l’unico motivo per cui
riuscivo a giocare era una certa differenza di età rispetto alla media
generale.
Dunque se volessi fare un sunto delle mie qualità calcistiche, ne verrebbe
fuori questo ritratto:
No, non vi preoccupate, non mi sono scordato di mettere la foto, è
semplicemente così: il vuoto. Tecnicamente lasciamo perdere. Fisicamente posso
confermare che madre natura è stata un po’ matrigna (come diceva costui) e quindi rimane ben poco. L’unica
cosa che forse mi permetteva di giocare ogni tanto era che ci mettevo tanto
impegno e che un po' di fiato ce l'avevo. E siccome, si sa, negli amatori se hai
del fiato non stai poi messo così male sono riuscito a giocare fino a qualche anno fa.
Per fare un paragone veramente azzardato potrei equipararmi al buon Gennarino
Gattuso, si ma non a quello degli ultimi anni al Milan, no, quello troppa
grazia, mi riferisco invece a quando giocava nel Glasgow Ranger in Scozia.
Tutta corsa e calci. Due pietre al posto dei piedi e cuore da vendere.
Tornando a me come io abbia potuto giocare a pallone per tutti quegli anni
è quindi spiegato così: fiato e calci.
Quando ho risposto al mio collega e gli ho chiesto di mettermi nell'elenco,
lui era felicissimo. Pensava di aver fatto l’acquisto dell’anno, si vedeva già
mentre innalzava la coppa al cielo. Non sapeva invece che aveva appena preso na gran sòla!
Ad ogni modo, io ero consapevole di quello che mi sarebbe accaduto. Dopo lo
sbarco in Svezia, infatti non ero più riuscito ad allenarmi. Causa i tanti
impegni e anche un po' di isolamento per più di un anno quasi niente. Poi ero
riuscito finalmente a fare una corsetta di qualche chilometro nel fine
settimana, ma tutto in modo molto blando: per farla breve,forma fisica azzerata. Senza dimenticare poi che nel frattempo avevo anche collezionato un paio di
annetti in più e qualche chilo di addominali da tavola.
Insomma sapevo perfettamente che quello che mi aveva sempre permesso di
galleggiare un po’ era svanito e di certo i miei piedi non si erano magicamente
trasformati in quelli del pibe de oro.
Morale della favola arriva il giorno della prima partita e io mi presento sul
patibolo nello spogliatoio. Innanzitutto vengo a conoscenza del nome della
mia squadra: Grabbarna Grus-Kalle.
Ora Kalle è il nome della macchina
rappresentata nel logo, grabbarna grus andrebbe tradotto come "la banda", quindi
tutto insieme sarebbe "la banda del Kalle", ma per me rende meglio la mia
personale interpretazione: "Quella Sporca Dozzina".
Fatte le opportune presentazioni, i miei compagni/colleghi mi chiedono dove
preferisco giocare e poi mi danno una maglietta… ora su questo ci torniamo alla
fine del post perché così ci facciamo due risate.
Pronti via, il campo non è proprio il Santiago Bernabéu, ma assomiglia
molto di più a quelli un po’ spelacchiati degli oratori di periferia. Niente da
recriminare, ci mancherebbe: per i miei piedi anche un campo arato sarebbe
dignitoso.
Dopo un paio di minuti quello che già sapevo si manifesta in tutta la sua
evidenza.
Fiato zero.
Chiedo il cambio e con intervalli di 5 minuti riesco, tutto sommato, a
chiudere la partita. Dopo 50 minuti (di cui giocati penso meno di 30) si chiude
il mio primo incontro in Svezia. A due anni di distanza dalla mia partenza sono
di nuovo riuscito a giocare a pallone!!! Anche questa è una banale soddisfazione!
Per gli onori della cronaca l’incontro è terminato 0-0, neanche tanto male
poi. Ma il bello non è questo, il bello sono i dettagli.
Primo, se per due anni non mi sono allenato è anche perché alla
sera ho fatto i compiti e questo mi ha permesso di poter fare ciò che nel calcio
è più importante del calcio stesso: imprecare!!! Fiato per correre non ne avevo
ma per imprecare (in svedese), quello sempre. E poi io sono dell’idea che il
calcio esiste in tre varianti: il calcio giocato, il calcio guardato e il
calcio parlato. Io mi ritrovo in un mix tra la prima e l’ultima versione,
quindi poter parlare in campo resta per me una componente fondamentale della
partita!
Secondo c’è la condivisione. Sì, la condivisione di momenti semplici, come
una partitella di pallone con amici e famigliari. I miei colleghi, prima della
partita, sono passati da casa e hanno portato al campo i loro figli/e che hanno
assistito e fatto il tifo. Bello no?! Poter condividere anche le cose più semplici...
Terzo c’è l’uguaglianza. La squadra avversaria schierava una Lei in porta e
altre squadre avevano un paio di giocatrici tra le loro fila. Qui il calcio
femminile ha la stessa dignità, se non di più, di quello maschile. Solo per
darvi l’idea della diversità vi faccio presente che solo io mi sono stupito nel
vedere un paio di donne giocare insieme agli uomini, per le altre persone
normali era una cosa scontata!
Ad ogni modo mi sono divertito e penso che di tante partite giocate, questa, sicuramente, rimarrà nell'almanacco dei miei ricordi.
Solo alcune annotazioni: a fine partita ero messo così male che mi sono
fatto accompagnare a casa in macchina. Durante la notte non ho dormito a causa
dei crampi e il giorno dopo ho avuto serie difficoltà a sedermi sul WC. Per non
parlare del fatto che per riprendere un’andatura corretta ho impiegato circa
una settimana. Giusto il tempo per disputare l’incontro successivo.
Comunque i Grabbarna Grus-Kalle sono saldamente in testa alla classifica (se
la guardiamo al contrario). Due punti in cinque partire: media retrocessione.
Tre reti segnate e 12 subite, siamo la quadra materasso del torneo ma il morale
è sempre alto perché siamo certi che prima o poi conquisteremo la nostra
vittoria.
Ah quasi dimenticavo, la storia della maglietta!! Nello spogliatoio tutti
si presentano al sottoscritto e ovviamente io faccio lo stesso. Gli Svedesi, si
sa, l’unica cosa che possono fare nelle competizioni internazionali (Mondiali o
Europei) è partecipare. Nonostante la Bosnia gli abbia prestato un gran giocatore, anche quest’anno in Brasile ci andranno solo in vacanza e le partite
se le guarderanno comodamente dal divano.
Proprio per questo, quando dico che mi chiamo Alessandro e sono italiano
loro associano il mio nome a quello di questo campione qua.
Io vedo in loro un gran entusiasmo, ma dentro di me rimango saldo nelle mie
certezze di brocco, ma quando il capitano tira fuori dalla borsa la maglia e me
la porge io no riesco più a trattenere le risate e quasi mi sdraio dal ridere:
Niente, nella vita non si può mai sapere cosa ci riserva il futuro… io sono
dovuto venire fino in Svezia per capire che ero un numero 10!!!