Dopo tanto silenzio ho di nuovo avuto occasione di parlare con altre
persone. Con parlare intendo non semplicemente aprire la bocca ed emettere
suoni, ma poter esprimere un pensiero o una riflessione che solitamente mi
guardo bene dal far uscire da dentro di me.
Ringrazio davvero di cuore le persone che mi hanno concesso il privilegio
del loro tempo. Mi avete fatto un dono speciale e spero di averlo in parte
ricambiato.
Mi ha fatto piacere parlare con
voi. Quel che vi ho detto rimarrà nel taccuino dei nostri ricordi.
In queste settimane, prima di addormentarmi, mi sono tornate in mente alcune
frasi e gli occhi di chi, un po’ confuso, fissava i miei. Per fortuna che la
mia Signora è sempre lì e con occhio (e orecchio) vigile mi mantiene in
carreggiata. A volte fa finta di giocare con la Bea, ma quando siamo in
pubblico, le sue antenne sono sempre ben alzate e captano le variazioni del
tono della mia voce a chilometri di distanza.
Come darle torto. Lei ne ha sentite di cotte e di crude e sa perfettamente di
quali disastri sono capace. Continua a ripetermi che, in fondo, alcune cose
possono anche sembrarle non così strampalate, ma io le dico in un modo così maldestro,
che poi uno manco ci prova ad ascoltarmi.
Tu non ti sai esprimere! Sì, ha ragione lei ed è
anche questo uno dei motivi per cui spesso preferisco starmene zitto.
Ad ogni modo penso di aver lasciato qualche ferito sul campo, anche questa
volta. E dir che ce la metto tutta. Parto sempre con le migliori intenzioni, ma
poi finisco sempre per “annientare la sostanza con la forma”.
Ecco allora che quando ho detto che tante
persone uno non se le sceglie, le subisce, non volevo offendere nessuno
semplicemente ribadire un concetto a me particolarmente caro.
Per quella che è stata la mia vita e per il posto dove sono cresciuto non
è che abbia fatto grandi scelte.
Inizi la scuola e ti ritrovi in una classe con sette alunni, te compreso.
Pensi che così sia tutto normale, anche perché tutti gli altri sei li conosci
bene fin dai tempi dell’asilo. E allora non è che tu abbia tanto da scegliere:
la vita ha scelto per te e in quella classe ti ha messo insieme a quei tuoi
compagni, che poi diventeranno gli amici della tua vita. Si perché poi quando te
ne vai in giro in bicicletta, a giocare al campetto della Chiesa o a fare le
prime sgommate in motorino, loro sono sempre lì con te e con te condividono la
scuola, il tempo libero e talvolta anche la famiglia.
Poi un bel giorno te ne esci dalla tua stradina di campagna e ti trovi al liceo,
dove anche lì la vita ci ha messo lo zampino. Ha scelto i nomi di quei compagni
che condivideranno con te una fetta importantissima del tuo cammino, ha scelto
i nomi dei professori, l’aula in cui passerete tutti insieme ore e ore e anche
il banco in cui andrai a sederti. Il campo è pronto, tu devi solo giocare: le
sorti della partita non dipenderanno quasi mai da te ma i segni sulle tue gambe
resteranno e un giorno ti farà persino piacere aver ricevuto qualche calcio.
Io sono convinto che in tutti questi casi, delle vere e proprie scelte non
le facciamo: le subiamo. Le subiamo nel
senso che non dipendono da noi ma che avranno su di noi influenze altissime
(fondamentalmente sono non-scelte).
I miei compagni di liceo me li ricordo tutti, ma non so quanti di loro
siano rimasti, probabilmente nessuno. Rimasti quelli di allora, intendo. Chissà
ora quanto il tempo e le esperienze li avranno cambiati. Probabilmente alcuni
di loro faticherei a riconoscerli. Eppure sono convinto che gli aspetti fondamentali
del loro carattere sono ancora lì, tutti integri, tutti legati ai loro nomi, ai
loro occhi.
Tanti momenti passati insieme ad ascoltare cose di cui solo oggi capisco
vagamente il senso. I compiti in classe, le interrogazioni ma anche le gite.
Per non parlare poi dei professori: odiati e amati. Uomini e donne messi di
fronte a noi da non si sa bene quale destino. Persone in carne ed ossa in mezzo
a ragazzi fatti di sogni.
Ricordo l’odore di pipa del mio professore
di filosofia e la discreta eleganza della professoressa d’italiano. Il perché
oggi io parli inglese come un gallese ubriaco lo devo alla mia professoressa di
letteratura inglese, ma sul fatto che ogni tanto mi ricordi ancora le tabelline,
non ci sono dubbi, è tutto merito della prof. di mate.
Forse di post non me ne basterebbero cento
per rivivere quei momenti, ma questa voleva solo essere una spiegazione del
fatto che molti episodi chiave della nostra vita, fondamentalmente non ce li
scegliamo, ma semplicemente li subiamo.
Il nostro venire alla luce non ce lo siamo scelto, ma scegliamo ogni giorno di tenerci ben stretta la nostra vita.
Ecco dunque quello che purtroppo ho dimenticato di dire: che tante persone uno non se le sceglie, le subisce, ma la vera scelta
sta nel tenerle o meno accanto a sé.
Non ho scelto mio padre e mia madre, loro
hanno scelto me. Non mi sono scelto i miei amici, li ho incontrati sulla strada.
Non ho deciso io chi sarebbero stati i mie compagni di liceo, mi sono apparsi
loro. Quello che però scelgo è tenere tutto questo con me. Scegliere di
rivedere quei rapporti sotto nuove luci. Rivedere cos'ero allora, cos'erano
loro in ogni fase della mia vita e accorgermi di ciò che sono. Perché se guardo
questa strada, poi mi accorgo anche dei passi che ho compiuto per percorrerla.
Capisco che da là sotto quella salita mi sembrava impossibile da affrontare,
mentre ora vorrei rifarla mille volte ancora.
Quel bambino col grembiule nero e il
caschetto biondo o quel ragazzino paffutello col gel tra i capelli ormai non ci
sono più. Ma ci sono stati. Sono stati i passi che mi hanno fatto arrivare ad
oggi con qualche segno intorno agli occhi e forse un po’ meno capelli. Io sono
cambiato passando attraverso di loro e osservando, senza accorgermene, il
cambiamento degli altri. Tutti quei bambini a scuola, quei ragazzi al liceo non
esistono più. Sono diventati gli uomini e le donne che camminano oggi in questo
mondo. Hanno lasciato, o presto lo faranno, il posto ai loro figli. Ma a me
piace pensare che ovunque si trovino adesso abbiano ancora, dentro di loro, i
frammenti di ciò che è stato. Schegge di quelle scelte che abbiamo, sì, subito
ma che oggi scegliamo di custodire nei nostri cuori.
Chiudo nella certezza che alcune delle
miei scelte restano ancora un punto interrogativo per alcuni dei miei amici.
Sicuramente si saranno dati le loro risposte, che hanno trovato un adeguato
posto in mancanza delle mie spiegazioni.
A volte le risposte arrivano quando meno ce
lo aspettiamo, altre volte bisogna andarle a cercare e molto spesso non
arrivano mai. Alcune cose penso di averle dette, per altre mi servirà più tempo.
Per tutti quelli che si sono sentiti abbandonati
posso dire che tornare e partire sono due parole che ultimamente
mi confondono, perché non riesco più a decifrare i luoghi verso cui muovermi. Ogni
volta il tempo si ferma all'incontro precedente. Tutto si blocca all'istante in
cui ci si saluta e poi quando ci si rivedere quei mesi o quell'anno si riflette
sulle persone in un istante. Ultimamente le persone invecchiano in pochi
secondi, probabilmente anch'io.
E poi fare il racconto di così tante cose in così poche ore è sempre difficile e spesso è meglio ripararsi dietro a discorsi più
leggeri. Ma non è sempre così. C’è chi spesso vuole provare ad andare oltre,
vuole fare un tentativo per vedere cosa c’è al di là dell’ovvio. Penso che chi
lo abbia fatto abbia trovato in parte quel che cercava.
Ora è meglio se me ne torno a incantarmi
davanti alla neve che scende piano. Fortunatamente ho imparato a scrivere
qualche post senza che la mia Signora se ne accorga e provveda a debita
censura.
Ad ogni modo grazie a tutti.
A presto.
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