domenica 14 aprile 2013

Storie che vanno, storie che restano.


Una volta, parlando con (la) Dorella, mi raccontò di una signora che era passata da lei in ufficio.

La signora, proveniente dall'Est Europa, viveva ormai da diversi anni in Italia e soffriva di uno strano male. Ora lei non sapeva quale fosse il nome della malattia che l’affliggeva, ma si sforzava di descriverla con parole sue. Diceva che si sentiva un dolore dentro, tra il cuore e l’anima, per ogni giorno che aveva trascorso lontano dalla su terra. Si sentiva un vuoto: la mancanza di parole con un suono conosciuto e quei volti di amici e parenti. E poi quelle case, qui campi e quelle strade…

Poi però ogni volta che si recava nel suo paese si sentiva oppressa. Schiacciata di nuovo da quello che un tempo aveva voluto superare. Afflitta da quelle contraddizioni sempre lì, sempre al loro posto. Le sembrava di aver chiuso la porta di casa per un attimo e poi di essere tornata poco dopo…erano passati solo cinque, sette, dieci anni ma tutto era lì come se non fosse cambiato niente. Solo le persone erano diverse: quelle persone che prima non cambiavano mai, d’un tratto erano invecchiate: le persone non invecchiavano quando lei viveva con loro!

La signora, dunque, era afflitta da questa sindrome che le impediva ormai di trovar pace ovunque lei fosse. Oscillava come un pendolo tra tue mondi che non potevano conciliarsi.

La malattia che affliggeva la signora non le impediva di vive, ma i suoi occhi sorridevano poco e ripensava sempre a cosa volesse dire: sentirsi a casa.









Quella signora non l’ho mai conosciuta, ma penso a lei spesso prima di addormentarmi.



La mia vita per l’Italia

Sono capitato male in un Paese degradato,
di poveri senza dignità e di ricchi senza cultura. 
Dai poveri mi divide l’orgoglio, dai ricchi la verità. 
Far parte di una siffatta società è un danno, 
esserne esclusi non è una fortuna. 
Ma non ho che una vita sola da vivere 
e la Storia non concede scelte.

Alberto Moravia

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